In un attimo di tranquillità mi son
ritagliato qualche momento per raccogliere le idee e scrivere di un'altra bella
passeggiata fatta nelle scorse settimane. La guida dei sentieri la chiama
"L'anello di Casali" e consente di salire dal paese fino alla vetta
del monte Carameto (1318 metri) e ritorno.
La partenza anche
stavolta è direttamente dalla porta di casa. O meglio, per i precisi, dalla
bacheca accanto alla canonica di Casali. Si inizia verso sud, percorrendo la
strada asfaltata che con andamento pianeggiante attraversa un vasto versante
tutto coltivato a campi di fumento e prati ben tenuti e ordinati. Attraversata
la provinciale che va da Morfasso al Pellizzone ecco che si inizia la vera
escursione, lungo uno sterrato che arrampica verso il passo, più diretto della
strada. Era questa l’antica via che conduceva al passo, e lo si capisce da
alcuni indizi sparsi qua e la: qualche muretto a secco, un accenno di
sistemazione del fondo. Un tempo doveva essere un percorso ben più importante
di oggi.
Raggiunto il
passo del Pellizzone (1029 m) si imbocca uno due sentieri che si dipartono
proprio nei pressi del cartello. Stavolta si va a sinistra, su una strada
sterrata curatissima, con il fondo in perfette condizioni.
La salita è
estremamente piacevole e la vegetazione cambia spesso.
Finalmente scopro
che anche in questa parte della valle ci sono delle faggete! E se ne trova un
bel campionario: ci sono boschi con ceppaie fittissime, dove non passa neanche
un filo di sole, e altri con begli alberi completi ed imponenti.
Mi sorprende incontrare
un grazioso cancello in legno, ben tenuto: un cartello raccomanda di richiudere
dopo il passaggio, per non lasciare scappare i cavalli che pascolano
liberamente in queste radure. Le mucche, evidentemente più
sofisticate, pare preferiscano invece il versante del monte che guarda verso
Bardi.
Proseguendo la salita nel bosco, seguendo i
segnavia che guidano lungo i passaggi dubbi, si riesce ad intravedere qualche
scorcio delle valli, quando le chiome si diradano.
Infine ecco, usciti dal bosco, prendendo una
deviazione del percorso, si raggiunge la vetta percorrendo tutta la cresta ricoperta
da un prato fitto e raso, degno del migliore dei campi da golf.
Solo che quelli in primavera non si ricoprono
di orchidee fiorite. Questo si!
Bella la vetta del Carameto, tra il pratone e
qualche macchia di alberi nodosi che regalano un angolino di ombra e refrigerio.
Leggo essere un punto panoramico per eccellenza, tanto da essere stato utilizzato in
passato per la costruzione della rete topografica principale, ai tempi in cui
le mappe si facevano senza GPS e senza Google. E di fatti in cima fa bella
mostra di sé il cippo dell’IGM, con il suo severo monito: „Chi danneggia è
punito!“
Peccato per la
giornata un po' fosca, ma in quelle davvero limpide, quando la cappa padana viene
portata via da vento, si vede una grande fetta di pianura, con le alpi sullo
sfondo (e anche il torrazzo di mezzo, per un po‘ di sano campanilismo). E dall'altro lato il susseguirsi infinito delle cime degli appennini, che si perdono in lontananza.
Confesso una cosa: sulla via del ritorno ho
sbagliato strada. Due volte. Colpa di alcuni motociclisti che si erano fermati
proprio davanti al segnavia.
Mai errore fu più gradito però: solo così ho
potuto raggiungere un angolo di bosco da fiaba, con alcuni faggi secolari, e un
ruscello che gorgoglia tra le loro radici: mi son fermato un bel po’ qui, ad
assaporarne l’atmosfera. Mi spiace essere ancora ignorante di geografia locale,
sicuramente anche questo luogo avrà un suo nome, carico di significato.
Ho dovuto sedimentare un po' prima di
scrivere, perché la passeggiata mi ha lasciato sensazioni contrastanti. Da un
lato la bellezza del paesaggio e della strada di salita, davvero al di sopra
delle aspettative, dall'altro alcuni boschi in fase di sfoltimento, con i
sentieri un pochino rovinati dai mezzi (peraltro per la gioia delle moto da
enduro) che mi hanno lasciato qualche interrogativo. Ma d'altronde la
silvicoltura è quasi l'unica attività da reddito che ancora rimane in questa
parte di valle, ed è evidente come venga svolta con scrupolo per preservare
l'ambiente e consentire al bosco di rigenerarsi. Alla fine è giusto che sia così:
questa passeggiata mi ha dimostrato come esista un equilibrio nella gestione di
questi boschi, e quale sia la consapevolezza di chi se ne prende cura facendo in modo
che le generazioni future possano godere quanto noi della loro bellezza.
Infatti prima della conclusione ci si ritrova
in un altro bel tratto di faggeta, questa volta con alberi ad alto fusto, eleganti
come solo i faggi riescono ad essere, e anche accompagnati da un bel sottobosco
di felci ed aglio orsino, che crescono così fitti da coprire ogni cosa.
Tutto si conclude sbucando vicino alle case di Poggiolo dopo aver attraversato una carraia inerbita usata per la manutenzione dei prati, e da
qui di nuovo a casa.
P.S.: Info di servizio dedicata ai nerd: lungo
il percorso si possono incontrare alcuni tratti superstiti delle antiche e
leggendarie strade valiriane... 😅 E in quale altro posto si possono incontrare contemporaneamente l'Arda di Tolkien e la Valiria di Martin?
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