È successa una cosa inaspettata. Negli ultimi giorni più di una persona mi ha fatto notare che è da un po' di tempo che non scrivo qui. Mi è sembrata una coincidenza talmente strana, che forse merita una risposta.
In effetti è dall'inizio di dicembre, sono passati più di tre mesi. In cui sono stato poco a Casali, ma è sempre più del nulla che mi si prospetta davanti ora.
Di cose da annotare su un diario ce ne sono un po', per cui eccomi a porre rimedio. Devo impormi di farlo più spesso però, perché altrimenti poi mi ritrovo dei papiri come questo, che sembra non finire mai. Lettore avvisato.
È sabato 13 marzo, e ho appena finito di riordinare le tante bustine di semi, dopo le prime semine della stagione, rigorosamente in luna nuova. Mi metto al PC, apro YouTube con una canzone di Jonsi, e via.
È un periodo di anniversari... È da poco passato un anno dal primo caso di Covid19 a Cremona, un anno da quando ho cambiato modo di lavorare, un anno dall'inizio del primo lockdown che ci ha cambiato la vita... Quanto è cambiato in questo anno. Ho riletto i pochi post dell'anno scorso qui. Son contento di avere lasciato un segno, mano a mano. Perché una cosa sono i ricordi e i bilanci fatti ex-post, un'altra sono le riflessioni a caldo, mentre si sta vivendo il momento.
A febbraio son riuscito a salire ai Casali ben tre volte, dormendo su in un paio di occasioni.
Non accadeva dalla scorsa estate. E non senza qualche difficoltà, considerato che l'ultima volta ero in compagnia del babbo. Ma era un nodo che andava sciolto prima o poi. È andata.
Resta il magone dell'Ave Maria suonata dalle campane della sera, che lui amava canticchiare. Ma ho deciso che è un buon modo per tenere vive le emozioni.
Son salito in questa breve parentesi di fascia gialla e arancione, prima nella nuova ondata di contagi: è stata una fortuna goderne finché si è potuto.
Atteso lo scioglimento dell'ultima neve, sono riuscito a fare qualche lavoretto in giardino, giusto il minimo indispensabile, come la rimonda del secco per le erbacee, oltre a raccogliere i troppi rami rotti dalla neve. Anche stavolta con l'indispensabile aiuto di Daniele.
La neve quest'anno più che mai è caduta abbondante, e ha messo a dura prova soprattutto gli arbusti, tra cui la mia piccola collezione di ortensie quercifolia. Ho avuto la bella idea di portare a casa i rametti spezzati per provare a farne delle talee. Sono circa una cinquantina.
E se per sbaglio attecchiscono?
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Però ho felicemente visto le gemme gonfiarsi agli alberelli piantati lo scorso autunno: spero tanto possano attecchire bene (non so, l'ho già detto?). Ne ho anche piantati altri. Spero che anche loro attecchiscano, anche se non posso prendermene cura come meriterebbero. Piantine piccole, di due soli anni, a radice nuda. Perché voglio che crescano li, sane, robuste, ispirandosi al luogo che le ospita, affondando le radici in queste balze di terra che son li da sempre.
Ho piantumato solo nella zona più vicina a casa, in attesa di fare i lavori di messa in sicurezza dei fienili cadenti, Covid permettendo. Ma intanto mi porto un po' avanti, e faccio qualche prova per proseguire in futuro con maggiore cognizione di causa.
Morale, al noce e al susino già presenti si sono aggiunti: un pero corvino, un corniolo e due meli, ricevuti per corrispondenza dai vivaio Frutti antichi di Enzo Maioli. In più una piantina di amarena selvatica presa qui dal Boscone, figlia di una caro ricordo d'infanzia, e un melo ornamentale, che oltre a fare da impollinatore per quelli da frutto, è tanto bello da essere irrinunciabile. E poi il peccato del giardiniere: l'ennesima differente varietà di ortensia quercifolia.
Mi son serviti questi giorni anche per chiarirmi le idee su come plasmare il nuovo pezzetto di terra, a mia immagine e somiglianza. Una buona parte rimarrà come ora, con il prato e la sua scarpata, preservando il panorama che si vede dall'alto. Mi dedicherò invece alla parte più bassa, dove immagino un piccolo orto e ancora qualche albero da frutto. Per non smentirmi ho fatto una mini aiuola di prova. È una prova per davvero: se mi convince l'idea, potrei proseguire nei prossimi anni a lavori finiti, sostituendo la scarpata più piccola con un muretto attrezzato e una bordura di erbacee.
Sarebbe la soluzione definitiva anche per liberarmi una volta per tutte del tanto vituperato mucchio di sassi che ho in giardino fin dai tempi dei lavori alla casa... Tre sassi che continuo a spostare disperatamente da una parte all'altra. Di nuovo aumentati a settembre, quando ho dovuto disfare il primo muretto realizzato quattro anni fa, per dei lavori che il vicino ha in programma di realizzare a confine.
Nella aiuoletta di prova ho piantato qualche piantina nuova, dopo averci pensato per bene, acquistata ancora lo scorso autunno, tanto per cambiare con un anticipo sui tempi sempre imbarazzante.
Questa parte è diversa dal giardino davanti a casa: qui niente capricci da giardinaggio patologico, niente manie da collezione, niente accanimenti terapeutici: ci vogliono piantine che si accontentino della sola pioggia, senza forzature, con qualche erba spontanea in mezzo, accettando di buon grado periodi senza fioriture nelle fasi estive più complicate da gestire. Narcisi, iris, sedum, emerocallidi e rose penso proprio che facciano al caso mio, per iniziare. Poi decideranno loro cosa fare. Avrei anche tanti semi di erbacee (quelli non mancano mai, davvero) che vorrei provare a seminare, ma temo dovrò rimandare a tempi migliori, per via della pandemia e dei nuovi divieti di spostamento.
Il lockdown dell'anno scorso però mi ha insegnato che tante erbacee possono crescere sane e forti anche senza le mie premure. Da un lato è bello pensare che il giardino riesca ad arrangiarsi senza di me, ma dall'altro un po' egoisticamente mi dispiace, perché fa sentire il giardiniere un po' inutile... Tutti siamo utili, nessuno è indispensabile, direbbe la mia mamma.
La morale da trarre è che sono oramai a servizio delle piantine, puntuale a strappare le infestanti e tenere il prato falciato. Un po' riduttivo eh?
Eppure non chiedo di meglio, e se salto una settimana già sento la nostalgia.
Faccio sempre le cose al contrario. Oramai è la prosecuzione di una lunga tradizione. Dopo l'atto, quando ancora c'erano le sterpaglie e i rovi, la prima cosa che ho comperato è stata un tosaerba nuovo. È ancora nello scatolone qui al Boscone, dove resterà chissà per quanto. Non oso immaginare come sarà alta l'erba la prossima volta che potrò tornarci. L'anno scorso ho dovuto attendere giugno per ritornare, e il prato arrivava alle ginocchia...
Con questo nuovo lockdown peraltro riprendono certi riti che speravo archiviati, come controllare la webcam di Morfasso e il radar, cercando un po' di pioggia che aiuti i nuovi alberelli ad attecchire, e mettermi il cuore in pace.
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Che pensiero i tetti dei fienili!! Per fortuna, (anche se non sono del tutto sicuro sia stata una buona cosa), hanno retto alle forti nevicate di questo inverno, con i loro acciacchi, ma bisogna proprio che trovi il modo di metterci mano, almeno per mettere in sicurezza prima che crolli qualcosa in testa a qualcuno.
Nevicate ragguardevoli davvero. Mi han raccontato che l'accumulo massimo misurato è stato di 80 cm , ma la somma di tutte ha superato i 3 metri!
Fin qui le cose belle. anzi no, ancora un pezzettino. Nelle pieghe delle chiusure, nelle parentesi di zona gialla ho rivisto anche qualche amico, sempre pochi per volta, per provare a riprendere i fili di una vita che prosegue sempre più a singhiozzo.
Ho deciso che per una volta non mi lamento per il lavoro: per quanto le prospettive sul lungo periodo siano sempre incerte, mi sento più tranquillo di un anno fa, come se stessi trovando un equilibrio che mi calza meglio addosso.
Ecco, di una cosa però mi lamento: mai detto no a così tante persone come in questo periodo. Che è la dimostrazione palese di cosa comporta la mancanza di pianificazione sul lungo termine della nostra politica: dopo dieci anni di crisi del settore, fai uscire tutti gli architetti dal mercato perché non c'è lavoro. Poi crei lavoro, ma, guarda un po', non ci sono più abbastanza architetti per farlo. Ottima strategia!
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E poi rieccomi con il bollettino pandemia.
Perché si ricomincia.
Sento di così tante persone, conoscenti e parenti, contagiati in questi ultimi giorni!
I numeri dell'epidemia che galoppa sono davvero sconfortanti. Il contagio è ripartito, e con esso le restrizioni e i divieti. Da dopodomani di nuovo tutti chiusi in casa, almeno fino a Pasqua.
Per qualche settimana siamo stati in zona gialla e arancione, e sembrava un liberi tutti. Peccato non essere riusciti a contenere la nostra smania di ricercare l'illusione di una vita normale. Non è già più così. Emilia Romagna e Lombardia di nuovo zona rossa.
Resta il divieto di spostarsi tra due regioni diverse, se non per lavoro. È stato tolto il divieto di raggiungere le seconde case fuori regione, ma solo ai proprietari, con autorcertificazione, con allegato contratto di compravendita o di affitto anteriore al 24 gennaio.... se in zona gialla o arancione. Quindi sono di nuovo bloccato qui. Buffo che nelle scorse settimane io potevo andare a Casali mentre chi abita a Cremona non poteva raggiungere i familiari che abitano oltre Po. Mai il ponte in ferro è stato più divisivo come in questi tempi.
Mi fa sempre più impressione quanti modi diversi hanno le persone di affrontare questa situazione. Ci sono alcune persone che hanno continuato a vivere una vita normale, come se nulla fosse, adeguandosi e storcendo il naso a questa nuova normalità. Solo aperitivo alle 16 visto che i locali chiudono alle 18. E niente cene e cinema con gli amici, e tutte le alte cose che un tempo ci sembravano così normali.
Poi ci sono quelli come me, che hanno paura di ammalarsi, e agiscono di conseguenza. Forse più della paura, è l'angoscia di sentirsi responsabili di una diffusione del contagio. Mi chiedo se riuscirei a sopportare l'idea che per causa mia qualcuno di caro si ammali, se non peggio. Non ho una risposta ora. Intanto cerco di mantenere il mio isolamento, e va bene così.
Il dottor Pan, primario degli infettivi a Cremona, che in questi mesi ha sempre centrato bene le questioni, ha detto in una recente intervista:
"Questa terza ondata arriva su una popolazione che non ne può più. E noi medici facciamo parte di questa popolazione. La trasmissione dell'infezione è legata principalmente ai comportamenti: quando si apre e non si rispettano le misure di distanziamento, ci si contagia. L'età media dei ricoverati in ospedale si è abbassata drasticamente". Insomma secondo lui la colpa non è tanto della famigerata variante inglese del virus, che tutti dicono più contagiosa, quanto della mancanza di rispetto delle regole base.
Qui in Italia siamo all'inizio della quarta zona rossa in molte regioni, e all'inizio di una nuova terza ondata. Altrove all'estero si avvicinano alla quarta. E abbiamo appena superato i 100.000 morti ufficiali per l'epidemia. Ma il rito del bollettino quotidiano è diventato talmente ordinario da essere tristemente una routine. Come ordine di grandezza siamo a più di 20.000 nuovi contagi e 300 morti al giorno. A ritmi variabili, ma oggi a Cremona per la prima volta c'è lo stesso numero di contagi giornalieri di un anno fa, anche se la situazione in ospedale non è neanche lontanamente paragonabile ad allora. Per tenere traccia della progressione, questi i numeri ufficiali: Nel mondo siamo a quota 119 milioni di casi di contagio, e due milioni e seicentomila morti. E dopo un periodo di stasi in tutto il pianeta il trend è di nuovo in salita.
Con più di tre milioni di persone contagiate, purtroppo all'Italia spetta ancora la maggior incidenza di decessi in rapporto alla popolazione..
Si è insediato il nuovo governo in questo inizio 2021. Governo in cui tutti riponiamo tanta fiducia, basato su competenze e qualità professionali, senza tante chiacchiere. Ma è chiamato alla prova dei fatti: le buone intenzioni non sono sufficienti stavolta.
La vaccinazione prosegue, anzi sta cambiando di passo.
Una amica, di ritorno dal grande centro allestito in fiera mi ha scritto "È stato commovente, Giò. L'esperienza più forte emotivamente, come cittadina, che abbia mai vissuta." Mi ha fatto pensare due cose. La prima è che sono molto fortunato con le amicizie. La seconda è che, una volta di più, questa esperienza ci insegna quanto è importante il nostro sistema sanitario, e di quanto diamo troppe cose per scontate. Forse non ne usciremo migliori, ma ne usciremo! Non è poco. Intravediamo la luce in fondo al tunnel. E non è il treno che arriva, per una volta è proprio la fine della galleria.
Nel frattempo siamo ancora parlano di assembramenti e mancato rispetto delle norme di distanziamento, esattamente come l'anno scorso. Chissà di cosa parleremo tra un anno.... Ancora delle stesse cose? Forse.
Oppure festeggeremo la fine di ogni cosa e tutti ci metteremo a viaggiare come forsennati per recuperare il tempo perduto. Potrebbe essere una buona idea iniziare a pianificare qualche viaggetto.
Magari!
Io però so già dove trascorrere il mio tempo, non appena potrò di nuovo attraversare il Po.
Evito sempre di ascoltare e leggere "chiacchiere" sul Covid ma oggi il tuo è il secondo post che leggo che parla anche di quello e il succo è sempre "ne usciremo ma non si sa quando". Un anno fa facevamo ipotesi sulle tempistiche, ora che sono iniziati i vaccini ci sentiamo, per una serie di motivi (in buona parte emotivi) più sperduti invece che più tranquilli. Non voglio proprio fare ipotesi su quello che penseremo in questo periodo del 2022! No, non voliamo con le ipotesi più o meno fantasiose ed atteniamoci ai fatti, ma non i fatti che ci raccontano i "tiggì", i fatti della prima parte del tuo post, così ricca di segni vitali nonostante tutto! 😀
RispondiEliminaCiao Giovanni!
Ciao Anna! Eh è un po' dura evitare chiacchiere sulla pandemia di questi tempi. Ma mi sono accorto che è importante per me tenerne traccia qui, per gli anni a venire soprattutto.
RispondiEliminaGrazie per essere passata e aver colto come ogni volta il lato positivo delle cose, è un passaggio prezioso. Intanto speriamo che le piantine attecchiscano! :-D