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neve di fine aprile

 A proposito della emergenza climatica, di cui non si parla mai abbastanza, quest’anno continua a piovere. Siamo a metà maggio, credo che sia caduta più pioggia quest’anno sino ad ora, che nei due anni precedenti sommati.

A marzo ero tutto soddisfatto per aver messo un po’ di ala gocciolante in giardino, da usare come irrigazione di soccorso solo nei mesi in cui l’uso irriguo non è vietato. Beh non l’ho ancora provata. Meglio così. In effetti in questa primavera è tutto verde e lussureggiante, come non mai negli anni recenti!

Per lamentarci di qualcosa, direi possiamo farlo per la mancanza di mezze misure, dopo due anni di siccità. Quando non c’è invochiamo acqua, ma quando piove troppo e non si riesce nemmeno a seminare i campi o fare fieno diventa pure questo un bel problema. Le previsioni ci dicono che l’instabilità proseguirà ancora a lungo, con temperature freschine per il periodo. Ho ancora la stufa accesa in casa, tanto per capirci.

Sempre a proposito di emergenza climatica, ecco l’altro fatto di questi giorni, mai visto in questa misura e in questo periodo a memoria d’uomo. 

Il 22 e 23 aprile 2024 saranno ricordati per la grande nevicata: continua e fitta, due giorni filati di neve, con accumulo finale di 45 cm. Sciolti nel giro di alcuni giorni per via delle temperature rapidamente risalite. 

Disastro. La maggior parte delle piante, ad esclusione forse di noci e cerri, avevano già le foglie, anche per via della stagione abbastanza precoce. E così la neve si è accumulata in quantità sulle chiome, provocando una ecatombe di rami spezzati e piante schiantate.


Ero a Cremona, aggiornato in diretta con foto e telefonate dei compaesani. Mi son fidato a salire solo il 25 aprile, per fortuna ancora con le gomme invernali montate. Salendo, già si preannunciava quanto temuto fin di primi pensieri. Nonostante le temperature rapidamente risalite, ancora tanta neve a terra e a bordo strada. Lungo il viaggio aumenta, sempre più, dopo Bore, dopo il Muraglione…. Son stato accolto dalla vicina Bruna e dalla famiglia (vista l’impossibilità di raggiungere casa, per via della neve e dei rami rotti che ostruivano la salita). Una benedizione per stemperare l’umore nero. Ma alla fine il passo andava fatto, avviarsi verso casa, col magone. 

Ho trascorso la giornata a vagare sconsolato per il giardino ancora ricoperto di neve, iniziando piano piano a scoprire gli alberelli giovani e gli arbusti piegati a terra e invisibili sotto la neve. 

Bilancio finale: due alberi perduti per sempre, tutti gli altri alberi più o meno pesantemente danneggiati (ho macinato rami spezzati per due giorni), rose e arbusti praticamente ridotti della metà. Anche due degli alberelli appena piantati sono stati spezzati al tronco. Solo la parte di siepe del giardino fatta di Symphoricarpos (già qui prima di me) non ha fatto una piega, come avevo già avuto modo di vedere in passato: completamente sparita piegata sotto il peso della neve, si è subito raddrizzata come se nulla fosse successo, appena la coltre si è sciolta. Anche il noce l’ha superata indenne: non aveva ancora messo le foglie, e quindi la neve ha solo fatto pulizia dei rametti secchi.

Il gruppetto di susine vecchie, che già avevano qualche problemino di salute, e a cui quest’anno per la prima volta avevo tolto tutti i rami secchi con cura, hanno perso una quantità di rami davvero significativa. Non credo si riprenderanno più, erano già senescenti e attaccate da funghi. Peccato, stavano bene in quell’angolo, dove crescevano da molti anni. 

Qui, nello scorso post, si intravedono sullo sfondo gli alberi interi.


Essendo così affezionato alle piante che coltivo, mi ci è voluto un po’ di tempo per metabolizzare l’accaduto. Ora per fortuna è passata! Alla fine si è risolto in fretta, bene così. Pochi amici son riusciti a capire il momento di difficoltà passato. Son sempre fortunato ad averli vicino nei momenti complicati.

Diciamo che il fatto ha messo in evidenza la falla nel “piano”. Col senno di poi, è stato come se in questi anni avessi trasformato il giardino, ed il prendermi cura di lui e di ciò che vi cresce, in una facile soluzione a tanti problemi piccoli e grandi. Mi sono accorto ora che è come se ognuno di questi problemi vi fosse stato depositato e ben custodito. Non avevo ancora pensato però al fatto che il giardino stesso potesse andare in crisi a sua volta, e come conseguenza facesse saltare tutto. Per alcuni giorni ho pensato questo, che tutto questo sistema, che aveva trovato un suo equilibrio qui, fosse andato in crisi.

Ma alla fine di queste giornate complicate son felice di aver imparato una volta di più una bella cosa: la natura fa sempre il suo lavoro, che è vivere! E così, lentamente, le piante si stanno riprendendo, più o meno acciaccate, ma fanno tutto quel che possono per andare avanti! Ci vorrà qualche anno perché ricrescano le cose danneggiate in due giorni. Attenderemo. Cresceranno insieme alle nuove cose piantate quest’anno, tutte sopravvissute.

Come scrivevo qualche giorno fa, chi non conosce il giardino come me non si accorge nemmeno delle cose che mancano. Vede solo le cose che ci sono. A pensarci, è un bel punto di vista e una buona prospettiva per guardare le cose. La lezione è imparata: è il modo giusto per procedere.

E mi godo gli iris che iniziano a fiorire, alcuni storti (e pazienza), ma tanti altri diritti come nulla fosse. 


Ovviamente non sono stato l’unico ad avere avuto danni. Anzi! Tutti ne hanno avuti. Rincrescono due grandi, molto vecchi, e molto begli alberi di pero Macagn, perduti: uno a Ca’ da Rajo, vicino al monumento, l’altro nel prato della festa, caduto per altro sul tetto della Proloco. Si tratta di una antica varietà caratteristica del luogo, e difficilmente troveranno sostituti. Certamente nessuno di noi ne rivedrà di così belli qui in paese in questa vita. Mi spiace non averne neanche una foto a ricordo.

Non oso immaginare come siano ridotti i boschi, non ho ancora ripreso le passeggiate.


Altre notizie dal paesello: è mancato da poco Gianni, poverino. Un’altra casa in centro, sempre abitata, che si chiude. 

E grandi lavori pubblici, con la ricostruzione di un muro ammalorato lungo la stradina che scende dal monumento verso le ‘corti di sotto’ e il consolidamento di una zona franosa. Evviva, un po' di fondi PNRR sono arrivati anche ai Casali! La prima opera di una certa portata da quando son qui io.

Una ultima nota per concludere: tanta acqua significa tanti funghi, Spinaroli primaverili come li chiamano da queste parti. 

Ma anche qui una lezione la sto imparando:  “Funghi? Quali funghi? Mai andato a funghi! Mai visti funghi da queste parti, certo non ne crescono qui vicino”


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