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Sulle cose che contano

È il 2 dicembre. Sto ascoltando Bon Iver, mentre fuori cadono i primi fiocchi di neve della stagione, a Cremona. E mi son messo davanti al pc con l’idea ostinata di provare a mettere in fila alcuni pensieri in questa fine d’anno. 

E ripenso all’anno scorso, agli anni prima, a come questo spazio fosse nato per raccontare solo di cose belle: continuo a ripeterlo ossessivamente, ma era davvero così. Ecco, invece sono in silenzio da alcuni mesi, e anche quel poco che ho scritto in primavera sono per lo più cronache di fatti tristi. Quest’anno è davvero difficile pensare alle cose belle, sono talmente poche.

Scrivo durante il secondo lockdown dell’anno. Perché l’epidemia prosegue inesorabile e dal 3 novembre la Lombardia è diventata nuovamente zona rossa: siamo di nuovo tutti chiusi in casa. Leggermente meglio l’Emilia Romagna, che è solo arancione. Non cambia molto. La situazione sta lentamente migliorando, un mese di chiusura sta avendo effetto, ma l’epidemia corre ancora ogni giorno con 20.000 nuove infezioni e 600 morti. Questi sono i numeri. Dopo l’estate sono mancate 20.000 persone; dall’inizio dell’epidemia in tutto sono 60.000 i morti. È come se una intera città, come Vigevano o Legnano, fosse scomparsa.

Rispetto alla prima ondata dell’epidemia di questa primavera, i numeri sono più alti ma più distribuiti sul territorio nazionale. Stavolta almeno niente ospedali da campo, grazie anche agli interventi nel frattempo eseguiti, come il tanto vituperato ospedale in fiera a Milano, al quale tutti abbiamo contribuito, che sta salvando tante vite. Qualche cura in più, qualche protocollo che consolida le prime sperimentazioni. Non molto altro, se non l’attesa e le speranze rivolte al vaccino.

Esco di casa solo per qualche rara trasferta di lavoro e per le spese essenziali. Pare si allenteranno le restrizioni prima di Natale. Passeremo tutti alla zona gialla, con misure di contenimento ma qualche libertà di spostamento in più. Giusto per consentirci di spendere, in attesa della terza ondata che sicuramente arriverà con l’anno nuovo. Perché per quanto ci raccontino che i sacrifici di Natale serviranno per salvare l’anno nuovo, siamo oramai abbastanza disillusi per capire che non sarà così. 

Io di certo proseguirò la clausura finché potrò, continuando a lavorare da casa. Le prospettive allo stato attuale sono di una vaccinazione di massa graduale durante tutto l’anno venturo e di un ritorno alla normalità verso la fine del 2021. Lo scoppio della epidemia in Cina lo si riconduce al 19 novembre 2019. È già passato un anno. Ce ne vorrà un altro per uscirne. Forse.

Beh insomma fatto sta che sono davvero pessimista per il futuro. Lo vedo solo grigio e carico di nuvoloni.

Alla faccia dell’andrà tutto bene.

Alla faccia del saremo migliori.

Un disastro. 

Che futuro ci aspetta? Questa situazione ha tolto a tanti qualsiasi ambizione, speranza, intraprendenza, desiderio di impegnarsi per costruire un futuro migliore.

Con un debito pubblico cresciuto a dismisura che non riusciremo a gestire, con nessuna idea per la ripresa e lo sviluppo, nessuna strategia politica per uscire dalla crisi se non sussidi, contentini, regalie. Che futuro possono avere i ragazzi di oggi, se non fuggire finché sono in tempo, quando si potrà?

Siamo tutti frustrati, arrabbiati, esauriti, depressi. E ingrassati.

Dai, oggettivamente: sta andando tutto male, e andrà solo peggio.

È mancato il mio papà in questo 2020. Allunga l’elenco delle persone che non sono morte di Covid, ma che sarebbero ancora tra noi se il Covid non esistesse.

A causa della situazione disastrosa della prima ondata a Cremona, con il blocco di tutta l’assistenza sanitaria, solo in estate abbiamo iniziato a fare i controlli di routine quando le cose hanno lentamente ripreso a funzionare. E abbiamo scoperto che aveva un tumore: nessuno l’aveva capito. Si è sommato ad un quadro clinico già da tempo complicato. È stato tre settimane in ospedale, con il reparto blindato a causa delle misure di contenimento Covid, senza poterlo incontrare. Solo tante telefonate, in attesa di poterci riabbracciare dopo la dimissione. Io il più fortunato di tutti, ho potuto vederlo di persona: un saluto veloce, solo un minuto, prima di addormentarsi per entrare in sala operatoria, per non svegliarsi più. È stato lui a farmi coraggio, era così fiducioso che l’operazione riuscisse! Aveva voglia di tornare a casa. È mancato tre giorni dopo, il 27 settembre, spegnendosi lentamente in terapia intensiva, incosciente. Assistito da medici e infermieri che hanno dimostrato a lui e a tutti noi una umanità insperata. 

A casa ci è tornato: nonostante la situazione della epidemia, lo abbiamo vegliato qui, nel suo Boscone, prima del funerale. Qui in mezzo ai suoi campi, vicino ai suoli animali, nel suo piccolo mondo, a cui ha dedicato il lavoro di una vita. Una vita fatta di dedizione e sacrificio, e amore per la sua famiglia. Ci lascia una grande eredità morale, fatta del suo esempio, che è ora nostro dovere onorare.

Quanto amava Casali, il mio papà. Anche se con qualche difficoltà, abbiamo trascorso alcuni dei momenti più sereni di questi ultimi anni lassù. Anche quest’anno. Insieme, a godere del fresco estivo e della tranquillità. Di lui ricordano il suo sorriso: aveva sempre una parola cordiale per tutti. Si sedeva davanti a casa e passava le ore all’ombra del ciliegio guardando le nuvole rincorrersi in cielo, con in mano il giornale o la sua settimana enigmistica. 

Sono un po’ in crisi in questi giorni. Sarà questa seconda clausura, costretto in casa anche da una settimana di maltempo, che segue a dieci giorni di nebbia fitta…. Neanche il meteo aiuta. Mi hanno spiegato che non ho ancora elaborato il lutto. Ma come si fa, se non posso nemmeno andare a piangere sulla tomba di mio papà, perché si trova in un comune diverso da quello di residenza? 

Sono sicuro che passare alcuni giorni a Casali mi aiuterebbe: ho sempre detto che il tempo trascorso là è la migliore delle cure. Ed è così. Ma non mi è concesso, è proibito per Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. È come se mi fosse proibito persino cercare un brandello di serenità. Mi devo accontentare di guardare la neve cadere dalla Webcam di Morfasso, ed immaginarmi nella mia cucina, a guardare fuori dalla finestra il crinale dei monti innevati, con la stufa accesa e scoppiettante. Lo so che ci sono cose più importanti ora a cui pensare, ma mi manca il mio nido. Posso dirlo?

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Alla fine di ottobre, quando si iniziava già a ventilare la nuova clausura, ho fatto una corsa su, un pomeriggio, non pensando che sarebbe stata l’ultima occasione, però. Alla belle meglio ho vuotato gli impianti, chiuso al volo la casa, ma soprattutto to trapiantato in fretta e malo modo le povere pianticelle che avevo comperato la scorsa primavera, già sofferenti per la prolungata permanenza in vaso (prima a causa del primo lockdown e poi della impossibilità di piantarle in estate per la cronica scarsità d’acqua). Speriamo che almeno loro attecchiscano e non mi tirino qualche brutto scherzo.

Tutto in fretta, non ho avuto neanche il tempo di pensare, e via. 

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Quanti progetti, quante idee avevo in mente per questo anno, ora con tanto spazio a disposizione, e la fantasia e il portafoglio come unico limite! Ma dove è finito quell’entusiasmo?

In quel giorno di ottobre ho preso al volo qualche misura, con il provvidenziale aiuto del buon Omar, per iniziare a fare i preventivi per la messa in sicurezza dei fienili. Almeno ci ho messo dentro il naso una prima volta. Indossando un caschetto, s'intende.

Perché senza aver prima risolto quel problema, non posso pensare di fare molto di più di tenere l’erba tagliata e mettere una bella rete arancione, con qualche segnale di pericolo.


Io lo chiamo già frutteto, ma per ora è solo una illusione nella mia mente, poco più di un miraggio. Anche se un vecchio noce e un melo rendono già l'idea.

Ad oggi son riuscito solo dare una ripulita da sterpaglie e rovi, per salvare le apparenze. E anche qui non avrei fatto molto, senza l’aiuto di Daniele, e del suo trattore che si è avventurato nella selva, dove non si capiva neanche come erano i piani e le scarpate, tanto era il caos.

Ed è meglio che non ri-pensi a questo autunno, trascorso mite e asciutto, e a quanti bei lavoretti avrei potuto fare in quel po’ di tempo libero che per una volta mi son stranamente ritrovato a disporre.

L’ho sfruttato in un modo diverso questo tempo libero, sperando di avere fatto comunque una cosa utile. Dopo averci meditato per mesi e mesi, ruminato bozze su bozze, revisionate anche dal caro Sergio Efosi e da alcuni compaesani, sono finalmente riuscito a pubblicare su Wikipedia la voce enciclopedica sul paese: Casali (frazione di Morfasso). È già stata in parte modificata da altri utenti, come è giusto che sia per come funziona il portale, ma son soddisfatto per avere messo un tappo ad una mancanza. Almeno il prossimo forestiero che come me troverà casa qui, cercando su google ora troverà qualche notizia in più.

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Mettendo in fila i pensieri però una cosa bella l’ho trovata: quante persone mi sono state vicine, quest’anno! Ecco, pensarci già mi scalda il cuore.

Penso agli amici, quelli veri, che una volta di più lo hanno dimostrato in questi tempi. Facendosi sentire quando serve, capendo quando davvero ho bisogno, sempre pronti ad aiutare. E i compagni di clausura, con le chiacchierate quotidiane su WhatsApp, o chi mi fa partecipe di avventure e disavventure, regalandomi qualche momento di spensieratezza. Anche se costretti a stare lontani, quanto è bello essere circondati da persone così buone. E penso anche a quanti conosciuti da poco mi hanno fatto sentire la loro vicinanza, come anche alle tante persone care che non sentivo da tanto tanto tempo, ed invece ora con piacere ritrovate.

E alle passeggiate di questa estate in compagnia, alla più bella festa di compleanno a sorpresa che si possa desiderare, alle belle chiacchierate estive, quando sembrava di poter ritrovare qualche brandello di normalità conviviale. O a chi si prende cura della mia casina ora che non posso farlo io.

Ecco si, se devo cercare una cosa bella in quest’anno dannato, penso proprio sia questa consapevole riscoperta dell’importanza delle relazioni umane, e della capacità di dare alle persone che ho vicino il giusto valore e la riconoscenza che meritano. 

Si, dopotutto è proprio la loro presenza a farmi sentire una persona così fortunata. Ora tocca a me restituire un po’ di tutto quello che ho ricevuto. 

Il miglior modo per avere un amico è esserlo.


Commenti

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. Già. In tanti modi, questa epidemia ha malamente condizionato la maggior parte della vita di tutti noi. Il futuro è imprevedibile. Le molte persone che sono ancora qui non sono diventate persone migliori.
      Ma…
      Le belle persone non sono diventate peggiori (almeno non quelle che conosco io) e nonostante i piccoli e grandi guai che hanno passato io riesco a vedere ancora, perfettamente, che emanano bellezza. Anche tu! Ti conosco appena, ma con diverse fotografie e didascalie che hai condiviso sui social mi hai regalato frammenti di meraviglia, serenità, bellezza. Piccole cose ma, lo dico sempre, le piccole cose sono preziose. E se hai dato qualcosa a me chissà quanto hai già dato ai tuoi Amici, magari senza nemmeno accorgertene.
      È stupendo il bello che siamo capaci di trasmettere anche quando la vita non va per il verso giusto e fatto che questa magia accada deve farci credere che la bellezza della vita in generale può tornare, nonostante il peso della situazione globale e di certi eventi personali non permettano di avere molti slanci solidamente positivi.

      Ora che si avvicinano la fine dell’anno (inevitabili i bilanci) ed il periodo in cui solitamente c’è più desiderio di festa è ancora più difficile arrendersi a limiti ed abitudini sospese e reinventare come fare e come sentire le cose sembra ancora meno facile ma di certo possiamo farlo, almeno un po’. Magari, che so, appendendo all’albero delle dita incrociate invece delle solite palle, per stimolarci a non perdere fiducia per il futuro! 😂 Biscotti a forma di dita incrociate da appendere all’albero... peccato non avere un’amica con una pasticceria, sarebbe stata un’idea di successo da suggerirle per quest’anno! 😄 Se in futuro l’avremo (ogni riferimento è puramente casuale 😂) speriamo di doverle suggerire delle idee ben diverse… e comunque speriamo di riuscire a vederci “presto” durante una super merenda!

      Sai, spesso smetto di leggere i post quando tira aria di negatività e non eri certo partito bene… ma per fortuna ho continuato la lettura fino all’ultima parola (anche ascoltando il link musicale, grazie per averlo suggerito, è sempre piacevole avere il giusto sottofondo!), perché il finale è una riflessione che, come ben dici, scalda il cuore e stimola ad essere felici.

      Ciao Giovanni e grazie di questo bel post!

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    2. Ho cancellato e riscritto perchè si erano perse tutte le faccine... 😝

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    3. Grazie Anna, ne è valsa la pena di riattivare i commenti :-) . In effetti si, ti confesso che questo post era partito con i peggiori auspici, iniziato seguendo l'istinto dei primi pensieri. Ma mentre scrivevo mi sono reso conto che era sbagliato essere così, solo pessimisti. Va tutto male? Ci sono entrambe le cose, quelle brutte e quelle belle. E ci si rende conto che quelle belle alla fine prevalgono, sopra a tutto. Ti ringrazio tanto per avere condiviso i tuoi pensieri qui! È vero che magari ci conosciamo poco, ma evviva l'internet quando ci consente di restare in contatto con persone così! E la prossima merenda, perché ci sarà una prossima merenda, bisogna che assaggiamo anche i torcetti eh�� ! Ciao cara Anna e grazie di cuore

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  2. Scrivere è un'ottima idea! Quasi sempre, man mano che si tirano fuori le cose migliora lo sguardo.

    Lieta che il mio commentone ti abbia fatto piacere! Evviva l'internet, certe volte un applauso se lo merita.

    E sì, alla prossima merenda ci aspettiamo i torcetti! Oramai la ragazza è troppo in gamba, dovrà accettare dolci a richiesta, he he he he he...

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