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un attimo

Chissà come, ogni volta che arriva uno dei vari anniversari legati ai Casali, sento sempre il bisogno di pensare a bilanci.


Il 26 settembre 2015 mettevo per la prima volta piede qui. Chi avrebbe mai pensato a come sarebbe andata a finire?  O forse dovrei dire “come sarebbe iniziata”, dato che una fine per ora non c’è ancora.

Resta il fatto che, come scriveva Giulia Maria Crespi, quel giorno di otto anni fa il filo della mia vita ha fatto un nodo. E rimane una delle cose migliori che mi siano capitate.

Da allora non è cambiato niente, ed è cambiato tutto. Tra le varie, eravamo ancora in quattro. Fino al 27 settembre di tre anni fa. Ed è strano che due anniversari così significativi della vita recente, nel bello e nel brutto, se ne stiano a braccetto sull’agenda.


Dopo tanti mesi passati sereni quassù, arrivano immancabili i giorni tristi. E nella testa di questi giorni frullano due parole: cosa rimane?

La strada della solitudine l’ho imboccata convintamente. Tra i pro e contro di ogni cosa, qui uno dei guai è la apparente mancanza di una prospettiva che vada oltre il proprio essere. Senza figli e nipoti, chi si ricorderà di te quando non ci sarai più? chi si penderà cura delle cose rimaste? Qualcuno spolvererà la tua tomba e bagnerà i fiori, come faccio io per il babbo, o per i nonni? Mi sa di no. Mi rassegno. Quando non ci sarò più non farà alcuna differenza quello che accadrà.

Ma alla fine non c'è bisogno di andare tanto in avanti con il pensiero, basta guardare all'oggi, a ieri.

Mi domando in questi giorni cosa rimane dell'impegno di tanti anni di volontariato, a quanto pare oramai dimenticati. Belle amicizie, preziose, ma tutto il resto è obliato. È valsa la pena impegnarsi? O forse era meglio spendere il proprio tempo ed energie in cose che offrissero una maggiore garanzia di durabilità?

Cose che pensi possano resistere più a lungo, o che possano essere dimenticate meno facilmente. Ma poi, esistono?

Ho avuto l'illusione, in questi otto anni, di aver lavorato per salvare dall'abbandono un angolino di mondo. Ma anche qui è lecito porsi una domanda. Rimarrà qualcosa di quel che sto facendo? Dei sassi riordinati, dei muretti e delle bordure fiorite? magari qualche anno si, forse qualche decennio, Ma anche questi lavoretti che tanto mi impegnano, nel tempo sono destinati a perdersi ed essere dimenticati. 

Vedo il giardino di Cremona, oramai trascurato, che sembra evaporare come neve al sole, tra siccità e ondate di calore, senza qualcuno che se ne prenda cura come si deve. Tra qualche anno forse rimarranno le rose piantate dal papà e nient’altro. Succederà lo stesso anche qui.

Chissà poi se dopo di me verrà ancora qualcuno a prendersi cura di questo pezzetto di mondo, o tornerà tutto coperto dai rovi, e poi dal bosco ben prima di quanto si possa immaginare?


Alla fine bisogna che mi rassegni, l'oblio è parte del nostro stare qui. Viene sempre un giorno, che sia prima o poi, in cui nessuno si ricorderà più di te, di quel che hai combinato.

E la cosa strana è che, alla fine, per noi non fa nessuna differenza. Forse aiuta prenderlo come dato di fatto, per riuscire a passare oltre. 

E l'unico modo che io vedo per riuscirci, è godere delle piccole cose di ogni giorno, con le persone che in tanti modi ti stanno vicino. Anche a costo di sacrificare per questo ciò che ad un primo sguardo sembra avere la priorità nell’oggi. Non credo ci sia altra via.


Ho appena finito di scrivere queste parole, dopo avere pensato e ripensato se pubblicarle, e per una cosa che voglio credere sia coincidenza, sulla bacheca Facebook compare una poesia di Wislawa Szymborska. Che mi pare scritta apposta per essere letta oggi, stando seduti sulla panca sotto al noce.

Per ricordare quanto grande sia la mia fortuna.


Attimo

Cammino sul pendio d’una collina verde.

Erba, tra l’erba fiori

come in un quadretto per bambini.

Il cielo annebbiato, già tinto d’azzurro.

La vista si distende in silenzio sui colli intorno.

Come se qui mai ci fossero stati cambriano e siluriano,

rocce ringhianti l’una all’altra,

abissi gonfiati,

notti fiammeggianti

e giorni nei turbini dell’oscurità.

Come se di qua non fossero passate pianure

in preda a febbri maligne,

brividi glaciali.

Come se solo altrove fossero ribolliti i mari

e si fossero rotte le sponde degli orizzonti.

Sono le nove e trenta, ora locale.

Tutto è al suo posto e in garbata concordia.

Nella valletta un piccolo torrente in quanto tale.

Un sentiero in forma di sentiero da sempre a sempre.

Un bosco dal sembiante di bosco pei secoli dei secoli, amen,

e in alto uccelli in volo nel ruolo di uccelli in volo.

Fin dove si stende la vista, qui regna l’attimo.

Uno di quegli attimi terreni

che sono pregati di durare.


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