Prima della fine del 2015 torno altre tre volte a Casali, da solo.
Mi dico: devo andare alla ricerca di aspetti negativi, trovare dei buoni motivi per cui non dovrei andare li, o per cui quella casa non fa per me.
Peccato che tutte e tre le occasioni sono giornate fantastiche, con il sole nella sua veste migliore. Una luce bianca bellissima, il cielo azzurro terso, e i colori dell'autunno che ogni volta arricchiscono la valle di nuove sfumature...
Se le premesse erano quelle che vi ho detto, beh con delle giornate così non è che questi sopralluoghi abbiano sortito molto effetto. Anzi forse son serviti solo a farmi sembrare tutto ancora più bello.
Un giorno in particolare mi fermo per fare una fotografia lungo la strada. Non perché quel punto fosse tanto più bello del resto, anche se il fumo di un piccolo falò dava un tocco di poesia in più alla scena. Voglio però conservare almeno una immagine che mi aiuti a ricordare quale girandola di emozioni mi trasmette quel viaggio. Sembra che le gradazioni di marrone e ambra consentano di individuare ogni singolo albero che ho davanti. Mi sento dentro ad un quadro di Ivan Shishkin.
Ogni volta che arrivo in paese, mi accorgo che è sempre più vuoto, le case quasi tutte chiuse. In una occasione mi faccio coraggio, e provo a fare due chiacchiere con la signora che abita di fronte alla famigerata salita, in una casa che chissà perché avevo classificato come "la casa dalle finestre lilla", anche se in verità sono di un bel grigio.
Ricordo di quell'episodio parole molto cordiali, e un invito appassionato a venire a vivere li, perché a Casali si sta davvero bene.
Accoglienza calorosa che peraltro continuo a ricevere con un certo piacevole stupore. Immaginavo gli abitanti come persone di montagna, chiuse, burbere e diffidenti con gli estranei, mentre mi ritrovo quasi di casa anche con persone sconosciute.
Mi presento anche a Monica, del bar Casali: anche lei gentilissima, inizia a darmi le prime dritte su come funzionano le cose da quelle parti. Mi apre gli occhi su alcuni aspetti legati alla vita di chi la montagna la vive per davvero, con il sudore della fronte, con le difficoltà quotidiane. E anche sul senso generale di abbandono che lei legge nel paesaggio della valle.
Tutti però mi parlano con orgoglio di un gruppo di giovani in gamba e affiatati, che si impegnano per animare un po' il paese con tante iniziative. Ma che bravi!
Ecco, tra queste esperienze, e questi pensieri, non mi passa neanche per la mente di andare a vedere altre case, altri luoghi. Nessun annuncio attira più la mia attenzione.
Unica pecca: continua l'ansia per la salita che dalla strada principale del paese conduce alla casa: non più di venti metri di una stradina stretta, affiancata da un lato dagli arbusti incolti che coprono la scarpata del giardino, pavimentati con un solido cemento profondamente rigato, apposta per aumentare la presa delle gomme, immagino.
Per ben due volte ci arrivo di fronte con la mia macchinina, deciso questa volta a vincere l'ansia. Ma niente. Mi sembra talmente ripida da essere un muro invalicabile. Mi sembra impossibile che una macchina normale riesca a salirci. Di certo non la mia povera Jole.
Povero sciocco padano di pianura ...